Le elemosine del mese dei morti.

Nella religiosità tradizionale delle campagne, la celebrazione del ciclo liturgico, in concomitanza con certi momenti festivi dell’anno, offriva la possibilità di condividere i propri beni, in specie gli alimenti, con i più poveri.

Durante il mese dei morti era molto sentita la necessità di recitare preghiere per alleviare le pene dei defunti. Pregare per il suffragio delle anime dei familiari era ritenuto un preciso dovere da parte di coloro che da essi avevano tratto la vita, ricevuta l’educazione e il nutrimento.

Per sopperire alla necessità di preghiere durante il mese dei morti, i poveri si organizzavano e passavano di villaggio in villaggio e di casa in casa ad offrire i loro servizi in cambio di qualche piccola elemosina.

Lungi dall’essere trattati come degli inopportuni seccatori, questi ambulanti della preghiera erano ricevuti con gratitudine nella certezza che quelle formule, cantilenate o mormorate, giovassero alle anime dei morti.

Si trattava di uno scambio in cui beni spirituali erano offerti in cambio di beni in natura: pane specialmente preparato per l’occasione; fave, cibo tradizionale del mese dei morti; farro, legumi, un pezzetto di lardo residuo del tesoro suino dell’anno anteriore, concesso con parsimonia perché mancava ancora un mese all’uccisione del porco.”

(Mario Polia, “TRA CIELO E TERRA. Religione e magia nel mondo rurale della Valnerina. Volume II Il Ciclo dei mesi”, Edicit, Foligno, 2009, p.307)

La preghiera più comune era la “Diasilla” o “Diesilla”: si trattava di libere reinterpretazioni delle “Dies irae”, il componimento latino recitato dalla Chiesa nella liturgia dei morti.

Di seguito il link per ascoltarne una versione registrata da Valentino Paparelli, a Vallo di Nera, nel 1974, recitata da Rita Placidi.

http://www.archiviosonoro.org/archivio-sonoro/archivio-sonoro-umbria/fondo-paparelli/spoleto-e-dintorni/035-dias-illa-dias-illa.html